“Se vieni da queste parti perderai il senso del tempo catapultandoti in un mondo che ha conservato tanto delle sue originalità. #Calabria” (M.M.)
Con questa frase anticipo il prossimo mini tour del progetto #mySUDstory che ha come meta protagonista un’altra particolare località calabrese, una Calabria che si mostra sempre con il suo tratto duro, selvaggio, e, allo stesso tempo morbido di paesaggi e persone che vivono il tempo non trascurando bensì conservando le più antiche e originarie tradizioni.
Oggi si va a Tortora, un paese della provincia di Cosenza, che presenta una morfologia prevalentemente collinare, ricadente in parte nel Parco Nazionale del Pollino ha anche una parte montana e infine un’altra parte della località è marina, quindi si contraddistingue per tre facce antropologiche, quella relativa al centro storico, le frazioni nella zona montana e infine la zona marina.
Scopriamo questo particolare paese calabrese di circa 6200 abitanti con il tour fotografico di Giuseppe Cocco del blog Penisola Bella, che definisce l’Italia un giardino emozionale diffuso partendo proprio dalle località minori e meno conosciute. Una filosofia questa di Giuseppe che ovviamente io sposo pienamente, tanto che ho trovato assolutamente attinente alcuni suoi tours al progetto #mySUDstory.
Bene, è ora di prendere la strada per questo cammino con Giuseppe Cocco per le vie di Tortora.
“Buongiorno
per caso scopro il Destination Blog Viaggi del Milione e la forte passione che Francesca ha per il suo settore, e, in particolare l’interessante progetto #mySUDstory hanno catturato da subito la mia attenzione, vista la mia passione per l’Italia minore che merita di essere valorizzata, compresa la Calabria della quale sono originario.
Ecco che penso ai diversi tour fatti in Calabria, e, decido di portarti con me caro lettore in questo bel paese, Tortora. “Eravamo felici e non lo sapevamo” questo mi dice Giuseppe Limongi, artigiano ceramista perpassione, presidente dell’associazione “La Zafarana di Tortora“. Torniamo, per rimanere, ai nostri luoghi di origine e ai lavori di una volta; riconquistiamo le antiche tradizioni e le produzioni di un’agricoltura etica che, rispettosa dell’ambiente, delle persone, della vita sostenibile, aiuti a rilanciare territori e a ricostruire un’economia sostenibile assieme a tessuti sociali e culturali.
Sono i primi giorni estivi, e paiono dar ragione a Giuseppe i bambini che si rincorrono appresso alla palla e girano con la biciclettina attorno alla piccola fontana al centro della Piazza Plebiscito sotto lo sguardo materno della Chiesa di San Pietro Apostolonel centro storico di Tortora, tutto il giorno, con la sola pausa dei pasti, come nei tempi andati facevamo anche noi che non avevamo play station e televisione invasiva; e la giovane donna che, rientrata dopo aver fatto la spesa, canta e fischietta svolgendo le faccende di casa.
Lo scenario in cui si svolge questa realtà d’altri tempi è Tortora, primo paese a nord della Calabria, in provincia di Cosenza, al confine con la Basilicata, sulla costa tirrenica.
Ai piedi, o forse sarebbe meglio dire accoccolato tra le cime rotondamente erbose e boscose del Pollino; abbarbicato ad una rupe calcarea a strapiombo che ne fa una balconata con vista sul mare del golfo di Palinuro.
Io sono andato a Tortora assieme a Margherita, un’amica catanzarese che mi ha prelevato alla stazione ferroviaria di Praja-Tortora-Ajeta dove sono arrivato all’alba, con un treno locale Minuetto proveniente da Sapri, in compagnia di qualche pendolare.
Amando il gusto del viaggiar lento in treno, le ore del viaggio si sono dilatate facendomi godere il silenzio buio della piazzetta antistante la stazione di Sapri e la sala d’aspetto deserta.
Quindi dalla stazione di Praja a Mare, seguendo il vecchio tracciato della Statale 18, dopo aver attraversato il centro di Praja ed essere passati davanti all’area industriale dismessa della Marlana, sulla sinistra, toccato il Lido di Tortora, volgiamo a destra prendendo la via Blanda; continuando avanti passiamo tra nuove e vecchie costruzioni un po’ disordinate.
Lungo la strada, un vecchio albergo tristemente chiuso da un tempo indicato dalla facciata verdina scolorita, un supermercato, poi, un ponte stretto attraversabile con precedenza e, poco dopo deviamo sulla destra. La strada comincia a salire con curve talora a gomito, che scorre, all’inizio, sempre tra palazzine e villette talora finite e disabitate, talaltra mal finite.
Tra un bar e un panettiere le donne sedute fuori dell’uscio di casa, finisce la zona urbanizzata mentre la strada continua a salire, di curva in curva con belle vedute continue sul Pollino, risalendo la Fiumarella; dopo aver raggiunto il cimitero, ancora poche curve, e dopo km 8,6 siamo a Tortora. Dietro l’ultima curva, in basso a destra, si apre uno spettacolare grumo edificato come grappolo d’uva tra i fianchi verdi del pre Pollino che si rincorrono all’orizzonte.
Il paese scende come una colata lavica con case giustapposte come acini intorno al raspo, come a stringersi per reggersi l’una all’altra, strette strette per non scivolare giù dalla rupe; la vista, di tetto in tetto, corre alla ricerca dell’immancabile campanile che sbuca tra i tetti al centro del paese.
Cittadina di antica origine (nella zona sorgeva probabilmente il centro lucano e poi greco-romano di Blanda di cui esistono resti di mura e di necropoli venuti alla luce nella valle del Torrente Fiumicello a 5 km a nord-est), molto interessante, come detto, per l’aspetto pittoresco e il suo patrimonio artistico.
Il territorio è diviso in tre realtà antropiche : il centro storico che conta circa 550 abitanti,le frazioni montane con circa 550 e la marina con circa 4.900 abitanti. Il Lido di Tortora si unisce a Praja a Mare con la quale, senza soluzione di continuità forma una vasta area antropizzata fittamente cementificata.
Luogo ricco di storia, cultura e tradizioni; seppur piccolo come centro storico, con il suo territorio esteso fino alla marina di Tortora, è uno dei comuni più estesi della provincia cosentina.
Il territorio è ricco di sorgenti e corsi d’acqua: il Fiume Noce che separa Tortora dalla Basilicata e la Fiumarella di Tortora i maggiori.
Il centro storico è costituito di un primo nucleo al quale si accede passando sotto una porta ad arco;
Tortora – Giuseppe Cocco – http://penisolabella.it/
dopo un breve tratto di strada carrabile dalla carreggiata così stretta che impone il passo d’uomo nel rischio d’incrociare un’altra auto in senso inverso che costringe a brusca frenata con relativa manovra,
Tortora – Giuseppe Cocco – http://penisolabella.it/
si svolta a destra e si prende la via intitolata a Garibaldi che in leggera discesa si rastrema sempre più,
Tortora – Giuseppe Cocco – http://penisolabella.it/
fino a raggiungere una breve salitella che porta al gran muraglione grigio del Palazzo feudaleCasapesenna, con pittoresco cortile e loggiati con torri, sede del Museo Archeologico diTortora, e che chiude a difesa del secondo nucleo del centro storico al quale si accede attraverso la porta d’ingresso dall’alto fornice.
Qui comincia un’area molto pittoresca che conserva antichi edifici che diventano museo a cielo aperto; dato il reticolo di strade strette, è obbligatoriamente pedonalizzato, il che offre un silenzio irreale, rotto solo dalle grida giocose dei bambini e dai rintocchi delle campane del campaniletto della Chiesa di San Pietro, che battono i quarti le mezze e le ore.
Il corso principale continua a essere intitolato a Garibaldi e lungo il percorso è segnato da targhe che ricordano il passaggio dell'”eroe per un sogno” il 3 settembre del 1860 ospite della famiglia Lo Monaco di Ajeta, durante la conquista del meridione d’Italia. Nelle poche centinaia di metri del percorso, di poco più di due metri di larghezza, tra la porta e il Palazzo Lomonaco, camminando nel silenzio ovattato, nell’unico incontro di solo qualche gatto, sembra di vivere nell’attesa dell’apparizione improvvisa dell’eroe col poncho sul suo cavallo bianco, mentre una donna tolto il “maccatùro” che tiene ripiegato sulla testa pendente sulle spalle a mò di coda di cavallo, lo lancia in alto al grido di “viva Gallibardo”.
Nel 1500 e 1600 tra le attività principalmente diffuse nella Marina di Tortora erano la coltura del baco da seta e della canna da zucchero.
In questi secoli Tortora conobbe grandi epidemie, fra cui la terribile peste di Colera del 1656 che dimezzò la popolazione; nel 1770 per epidemia perirono 136 persone, nel 1778 morirono per il vaiolo 60 persone, nel 1794 da aprile a giugno morirono 77 bambini tra gli uno ed i dieci anni. Epidemie e colera falciarono vittime anche nel 1802, 1804, 1837 e 1849. Il problema delle morti di massa fu definitivamente risolto nel 1866, quando furono abolite le risaie nei territori di Tortora ed Ajeta.
Il 13 dicembre 1806 giunsero a Tortora le truppe francesi del re Giuseppe Bonaparte, le stesse avevano devastato Lagonegro e Lauria, ma diversamente da altre popolazioni, i tortoresi, per evitare devastazioni e saccheggi, non opposero resistenza all’invasore francese, che risparmiò per questo la vita dei cittadini e non operò razzie; lasciata Tortora le milizie si diressero verso la vicina Ajeta, che era stata abbandonata dai suoi abitanti.
Nel 1928, con R.D. 29 marzo e con Decreto Prefettizio del 16 aprile il Comune di Tortora, dopo una plurisecolare esistenza autonoma, venne soppresso ed accorpato, insieme al comune di Ajeta, al nuovo comune di Praia a Mare, che fino a quel momento era stata frazione di Ajeta. Nel 1937 riacquistò in data 18 luglio la propria autonomia.
Su una collina, con vista sulla rupe del centro storico, detta Iulita, si trovano la chiesa e il chiostro quattrocentesco del convento dei Francescani (la chiesa è attualmente chiusa al pubblico).
Nella parte bassa dell’abitato, quella sulla rupe, detta Carrola, sorge la parrocchiale di S.Pietro apostolo, già citata all’inizio, in cui si trova una tela del ‘600 (Madonna del Rosario coni Santi Francesco e Chiara); in un ambiente attiguo tre pergamene con bolli, di cui una datata 1578; la fronte di un sarcofago marmoreo di arte paleocristiana; colonne e resti marmorei probabilmente provenienti da Blanda e oreficerie sacre del 1600.
Notevole è anche il portale – rozzo lavoro romanico, con riflessi moreschi e bizantini – della chiesetta del Purgatorio, situata lungo via Garibaldi, in un piccolo slargo denominato PiazzaDante Alighieri, appena fuori la porta di accesso alla cittadella del centro storico.
Tortora
Sempre nella parte bassa, all’interno della cittadella del centro storico, al fondo del corso Garibaldi in pizzo alla rupe, si trova palazzo Lomonaco col bel portale settecentesco.
Tortora
ZAFARANA il PRODOTTO TIPICO
Il Peperone Rosso Dolce la “Zafarana”, è il prodotto tipico per eccellenza, usato, in molte delle preparazioni gastronomiche tortoresi. Zafarana è il nome che i tortoresi danno ai peperoni dolci fatti passare per un filo (nzèrta), ed essicati al sole, in onore del quale da qualche anno si celebra “Zafarana Fest” evento culturale-gastronomico, festa organizzata dall’omonima associazione che ha avuto il pregio di attirare l’attenzione accrescendo l’interesse e promuovendo il riconoscimento di prodotto tipico geografico e presidio Slow Food. I piatti tipici rigorosamente a base di zafarana, sia intera che in polvere era usata quotidianamente per la preparazione di ricette deliziose: pasta e fagioli e “zafarana pisata”, in cui il peperone dolce viene usato tritato, fritto “pongia”, melanzane, peperone dolce, origano e pomodori, con le patate, “patate e zaferana”, “zafarani riddi” secchi fatti gonfiare nell’olio bollente. E poi i dolci, con la crostata di marmellata di zafarani.
La zafarana è un peperone che appartiene alla famiglia delle solanacee.
La sua origine è lontana: come tutta la famiglia dei peperoni, arriva dal Brasile ed è giunta da noi dopo la scoperta dell’America.
Le regioni dove abitualmente si coltiva maggiormente sono la Calabria, la Basilicata, la Sicilia, la Puglia , la Campania e il Lazio. Il termine “Zafarana” deriva dal latino “Safranum” o dall’arabo “Zafran” ed è utilizzato soprattutto nell’area calabro-lucana, dove se ne coltivano varie tipologie: grossa, da arrostire sulla brace; rotonda, adatta alla farcitura; a “corno di capra”, come quella diffusa a Tortora, specifica per l’essiccatura, a cui vengono sottoposte le cosiddette “nzerte”.
Piatti Tipici
Fusìddi (fusilli fatti in casa arrotolando la sfoglia con dei ferretti, conditi con ragù ottenuto con una lunga cottura di carne di capra)
Dolci
Rispèddi (impasto di farina a lenta lievitazione poi fritto e ripieno di alici) Pucciddéatu (dolce tipico di Pasqua di forme rituali, a base di farina a lenta lievitazione, zucchero, sugna e uova)
Cannarìculi (dolci di gnocchetti di pasta fritta e ammielati).
Dialetto
Il dialetto tortorese fa parte dei dialetti meridionali napoletani Ha termini di origine antichissima, anche se prevalentemente è composto da vocaboli di origine latina. Come la maggior parte dei dialetti meridionali ha inglobato nel corso dei secoli termini provenienti da tutte le lingue con cui è venuto a contatto: arabo, greco, francese, goto, latino, longobardo e spagnolo.
Perchè Tortora e perché Giuseppe come protagonisti di #mySUDstory
Ho sempre cercato confronti interessanti e punti comuni con le persone, così da potermi migliorare e allo stesso tempo incanalare in un sistema di cooperazioni che sono dettate principalmente dalla passione, ecco, questo è accaduto con Giuseppe Cocco, un professionista nel suo settore e soprattutto un amante di quell’Italia poco conosciuta che non vediamo ad occhio nudo poiché quasi invisibile nello scenario italiano.
Giuseppe, ama immortalare angoli nascosti e paesaggi unici, che seppur tali noi tutti non ne abbiamo conoscenza. Ecco, segue un filone di filosofia che io personalmente amo, dare lustro a ciò che viene trascurato da comunità e amministrazioni, dare visibilità ad eccellenze e bellezze paesaggistiche, facendo rientrare ciò in accurate attività di valorizzazione del territorio, un pò come sto facendo io con #mySUDstory e con Cammino A Passo Lento. Iniziative che permettono la riscoperta e la rievocazione dei territori, preservandone originalità e tradizioni.
Onorata, di aver fatto rientrare Tortora tra le mete del progetto, è una località dai connotati particolari, mare, montagna, borgo, collina, vi è tutto, ma soprattutto conserva tradizioni calabresi rappresentative da non trascurare.
Quindi, caro amico lettore, continua il nostro cammino insieme e se vorrai procedere lungo le vie calabresi non mi resta che augurarti un buon cammino qui, a Tortora.
M.Milione
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2 commenti
Marina damammaamamma.net
Non conoscevo questo paesino, mi ha fatto piacere scoprire qualcosa di nuovo, poi sembra un borgo molto suggestivo!
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